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Le Straordinarie Avventure Di Joshua Russell E Del Suo Amico Robot
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Le Straordinarie Avventure Di Joshua Russell E Del Suo Amico Robot

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Era già pronto sul ring in attesa del giapponese che arrivò con fare spavaldo, sicuro com’era di poter vincere con facilità sul giovane e meno esperto americano. L'incontro era cominciato con il robot nipponico subito all’attacco, Raptor aveva schivato con la sua eccezionale rapidità tutti i colpi dell’avversario ma sapeva che con il Jujitsu la forza dei suoi colpi poteva rivoltarglisi contro se avesse sbagliato a colpirlo, provò con delle finte ad aprirsi un varco nella difesa dell’avversario.

Il pubblico nella sala era tutto dalla sua parte e lui non voleva deluderli. A un tratto l’avversario cercò di colpirlo con un calcio circolare alto, lui si abbassò e lo colpì con impressionante velocità sul piede d’appoggio facendolo cadere rovinosamente.

Il campione giapponese, che intanto si era rialzato, cominciava a perdere certezze, provò ancora a colpire l’avversario senza riuscirvi e subendo i colpi sferrati da Raptor. Quando il robot alieno si accorse dell’esitazione del contendente, sferrò l’attacco finale, fece un balzo e con un calcio discendente in pieno volto lo ributtò al tappeto, finendolo, prima che potesse rialzarsi, con una serie di pugni che appiattirono la testa dell’automa nipponico come una lattina vuota.

La gente era impazzita di gioia e, mentre la musica risuonava dagli altoparlanti e lo speaker annunciava il nuovo campione del mondo, alcuni tifosi avevano sollevato Joshua portandolo in trionfo fino al palchetto sul quale si sarebbe svolta la premiazione. Accanto a lui, sui gradini più bassi, il ragazzo giapponese e quello italiano non riuscivano a nascondere la delusione dai loro volti. Joshua strinse la mano all’italiano congratulandosi con lui, poi mentre stringeva quella del giapponese, gli disse sorridendo tutto soddisfatto:

<>

Il ragazzo andò a festeggiare col padre e col suo amico Lucas, che intanto lo aveva raggiunto incredulo fino al palazzetto. Avrebbe voluto portare anche il suo amico Raptor ma per ovvie ragioni dovette lasciarlo in auto. Tornò a casa felice, il suo sogno si era realizzato, aveva raggiunto il suo obiettivo, adesso, dopo una meritata notte di riposo, poteva concentrarsi sul problema degli alieni.

L’indomani, molti giornalisti andarono a trovarlo cercando di ottenere un’intervista, lui rispose volentieri alle domande che gli rivolgevano, voleva godersi il suo momento di gloria prima che qualcosa potesse rovinare tutto. La sua giovane età lo salvò dalle domande più maliziose e non dovette dare spiegazioni sulla forza della sua creatura, in fondo, anche se aveva vinto contro i migliori automi del mondo, lo aveva fatto senza creare sospetti e senza mostrare una superiorità schiacciante.

Nel pomeriggio finalmente lo lasciarono in pace, si recò quindi al capanno a trovare il suo amico robot per chiacchierare un poco. Raptor conosceva tutto del suo giovane amico potendogli leggere nella mente e quindi Joshua non aveva nessun problema a confidarsi con lui né si vergognava a chiedergli consigli ai quali il nuovo campione del mondo non si sottraeva, sfruttando la saggezza che l’enormità di dati nella sua memoria gli conferiva.

Si rese conto che nella sua vita gli era sempre mancata una figura come il suo amico metallico, non aveva fratelli e il padre e la madre erano spesso assenti, impegnati in attività mondane. Lucas era un bravo ragazzo e un ottimo amico ma non aveva mai voluto confidarsi con lui e non riusciva a spiegarsene il motivo.

Si era già fatta sera e Joshua, rientrando a casa, notò sul tavolo, sul quale la madre gli aveva preparato una cenetta veloce, un biglietto. I genitori gli comunicavano che erano andati fuori a cena da alcuni amici e che sarebbero rientrati a tarda ora, gli raccomandavano di cenare e di non andare a letto tardi.

<> si domandò, visto che i suoi non li usavano mai.

Cenò velocemente, guardò un po’ di TV e se ne andò a letto ancora stanco dagli eventi e dalle emozioni del giorno precedente. Continuava a pensare agli avvenimenti di quel mese, a cosa fare per risolvere il problema degli alieni ma soprattutto a come liberare il suo amico dalla connessione senza rischiare di danneggiarlo.

Aveva chiuso gli occhi e stava per addormentarsi quando un rumore lo fece trasalire, sentiva dei passi molto lenti far scricchiolare il legno delle scale che conducevano alla sua stanzetta. Dapprima credette che fossero rientrati i suoi genitori poi, vista l’ora, pensò che fosse troppo presto. Un pensiero gli fece gelare il sangue nelle vene, si alzò di scatto dal letto, mise il cuscino sotto le lenzuola per far credere di essere ancora coricato, aprì la finestra e si nascose accanto alla scrivania. La porta si aprì lentamente, vide gli occhi luminosi del robot fissare il letto, stava per saltare fuori dal suo nascondino per correre verso il suo amico Raptor, quando un raggio laser fece esplodere il letto sollevando una nuvola di piume d’oca, fuoriuscite dal cuscino nascosto sotto le lenzuola.

Joshua si precipitò terrorizzato fuori dalla finestra, sul tetto di tegole e legno sottostante, corse verso il tubo di scolo della grondaia, si aggrappò, si lasciò scivolare fino al pianterreno e cominciò a correre. Vide il robot saltare dalla finestra per inseguirlo, ma le tegole, sotto il peso e l’irruenza di quel salto, si ruppero facendolo scivolare e precipitare giù dal primo piano. Il tonfo fece un rumore assordante, il robot rimase immobile e i suoi occhi luminosi si spensero. Joshua si fermò ad aspettare, vide che il robot non si muoveva e decise quindi di tornare indietro sui suoi passi.

Per un attimo aveva creduto che quel robot fosse il suo amico, ma adesso che lo vedeva bene alle luci dei lampioncini della sua villa, si era accorto che la mascherina non era quella in plexiglass che lui aveva incollato sul viso del suo Raptor, ma era come quella che si era rotta nel bosco.

<>, pensò contrariato.

Mentre sollevava la mascherina per aprire l’abitacolo del pilota, vide un altro alieno anch’esso vestito come il precedente, ma restò senza fiato nello scoprire che questa volta avevano imparato la lezione e avevano dotato il pilota di un casco e di cinture di sicurezza. Tentò il più velocemente possibile di slacciarle, ma non ci riusciva e il cuore batteva nel suo petto come un tamburo facendogli pulsare le vene della fronte e colorare il viso di rosso. Sarebbe voluto scappare ma era troppo tardi, gli occhi del robot si erano riaccesi e si sentì perduto.

Finalmente c’era riuscito, le cinture si erano aperte, lui aveva afferrato l’alieno e aveva cercato di alzarsi per correre via ma il robot lo aveva preso per il pigiama e non intendeva mollarlo, le parole del suo amico riecheggiavano nella sua mente:

“Con il comandante precedente la connessione non era buona, la sua mente non gli consentiva di allontanarsi oltre i venti centimetri.”

Si divincolò e allontanò la mano che reggeva l’alieno portandola il più distante possibile dal robot. Vide gli occhi dell’automa spegnersi ancora e il suo braccio metallico mollare la presa sul suo pigiama. Joshua fece un lungo respiro di sollievo e rimase ansimante in terra per riprendersi dalla paura.

L’alieno si agitava, scalciava e dava dei pugnetti sulla sua mano, decise quindi di metterlo al sicuro. Il ragazzo corse al capanno per cercare un posto in cui poter rinchiudere la piccola e ricalcitrante lucertola. Si ricordò del terrario in cui aveva tenuto dei serpenti che i suoi genitori gli avevano regalato da bambino e che lui aveva custodito gelosamente. Tolse il casco e i vestiti al piccoletto per evitare che qualcuno capisse la sua vera natura e lo infilò dentro il contenitore che aveva trovato su uno scaffale. Quell’essere verdastro saltava come fosse indemoniato, dava calci e pugni contro il vetro ma mai sarebbe potuto uscire dal robusto terrario.

Si guardò intorno, Raptor era sparito, provò a chiamarlo mentalmente e vide, attraverso i suoi occhi, il cielo pieno di stelle in quella splendida notte di fine primavera. Capì che lo stavano portando via, gli fece guardare attorno a sé per vedere in che situazione si trovasse e notò altri due robot che lo trasportavano tenendolo per i piedi e per le spalle.

<> domandò sconvolto.

<>

<>

<>

<>, disse quasi piangendo.

<> domandò Joshua.

<<È dentro il lago al centro del bosco, dove ci siamo incontrati.>>

<> pensò il ragazzo, mentre correva verso casa.

Avrebbe voluto connettersi col nuovo automa per andare a salvare il suo amico, ma temeva che una nuova connessione potesse disconnettere la precedente.

Giunto dentro casa salì di corsa le scale, prese il telefonino e chiamò Lucas.

<>

<>

<>

<> disse Lucas, saltando giù dal letto e cominciando a vestirsi.

Passarono pochi minuti e l’amico arrivò tutto spettinato e con ancora i segni del cuscino sul viso.

<> domandò Lucas, sbadigliando.

<>

<>

<> disse Joshua, invitando l’amico a seguirlo dall’altro lato della casa dove si trovava ancora disteso il robot che aveva fatto irruzione nella sua stanzetta.

Si avvicinò all’automa e, indicando un punto nell’abitacolo. esclamò:

<>

Lucas obbedì e, dopo essersi avvicinato al robot, infilò il dito indice attraverso la fessura per toccare il quadrato dentro l’abitacolo. Una scossa come quella che aveva colpito Joshua gli fece perdere i sensi. Il piccolo genio tentò di tutto per fargli riprendere conoscenza nel più breve tempo possibile.

<> gridò, ormai in preda alla disperazione.

L’amico si riprese lentamente e sembrava alquanto confuso, gli occhi del robot si erano accesi, quindi la connessione era avvenuta con successo.

<> chiese al sempre più confuso amico.

<>

<>, urlò Joshua.

Lucas fece alzare il robot e insieme all’amico cominciò a correre verso il bosco. L’automa alieno correva velocissimo e ben presto scomparve dalla loro vista.

<>, disse il giovane genio.

Vide con gli occhi del suo amico metallico i rami degli alberi e capì che erano arrivati nel bosco. A un tratto sentì dei rumori e vide esplodere, colpito da un raggio laser nella schiena, il robot alieno che teneva Raptor per i piedi. L’altro invece lo aveva mollato e aveva ingaggiato un combattimento col nuovo giocattolo di Lucas.

Gli alberi del bosco erano scossi dai colpi che i due robot si scambiavano e il laser illuminava il buio tra la fitta boscaglia. Dopo alcuni minuti di scontri furibondi uno dei due contendenti cadde, irrimediabilmente danneggiato, al suolo. L’altro era rimasto in piedi e guardava senza muoversi i ragazzi che nel frattempo avevano raggiunto il bosco e liberato Raptor dai legacci che lo immobilizzavano.

I due automi si fissavano pronti a darsi battaglia, ma, a un tratto, la voce squillante di Lucas gridò:

<>

A quelle parole Joshua nonostante fosse sconvolto, stremato e impaurito scoppiò in una fragorosa risata, persino i robot, gli alberi e i grilli del bosco, sembrava che ridessero con lui. In un attimo capì perché, nonostante volesse bene al suo amico, non riusciva ad aprirsi con lui, era davvero un bambino.

<> esclamò Lucas, pieno di meraviglia.

Il giovane genio era finito a terra, con le mani si teneva lo stomaco, rideva e lacrimava.

<>

<> disse il giovane amico, che intanto aveva incrociato le braccia e fatto il broncio.

Joshua aveva smesso di ridere e si sentiva un po’ in colpa nei confronti dell’amico che lo aveva salvato.

<>

<>

<> esclamò Joshua, mentre impartiva lo stesso ordine a Raptor.

I due robot, senza esitazioni, si precipitarono verso il lago e si tuffarono scomparendo nel buio. Dei lampi di luce e delle esplosioni provenienti dal fondo del lago cominciarono a illuminarne le acque scure mentre la superficie ribolliva a causa anche dei tanti omini verdi che saltavano fuori correndo verso il bosco a cercare riparo. Dopo alcuni minuti di lampi e di frastuono ritornò il silenzio e il buio. Due figure nere che luccicavano alla luce della luna emersero dal lago dirigendosi verso i giovani in trepidante attesa.

Il ragazzo sentì la voce del suo amico Raptor risuonare nella sua mente.

<<È finita, abbiamo distrutto la base e le navicelle spaziali, adesso non possono più fare del male a nessuno. Abbiamo cercato di non ucciderli, senza la loro tecnologia sono inoffensivi e senza le loro navicelle non potranno procurarsene mai più, tranne che riescano ad arrivare a piedi fino in Amazzonia. Purtroppo non sono riuscito a trovare il loro capo, lui sì che meritava una lezione.>>

Gettarono nel lago i pezzi dei due robot distrutti e s’incamminarono verso casa.

<> domandò Joshua.

<>

<>

<> esclamarono quasi contemporaneamente, mentre battevano il cinque.

<>, esclamò preoccupato Joshua.

Giunti a casa rimisero a posto la stanza, avrebbero aspettato che, l’indomani, i suoi genitori uscissero, per ricomprare il materasso e il cuscino. Per giustificare le tegole rotte decisero che avrebbero raccontato di aver fatto salire il robot sul tetto per recuperare un gattino. Erano soddisfatti della loro capacità di raccontare balle.

Si salutarono con un abbraccio e quindi Lucas si allontanò dirigendosi verso casa sua insieme al suo nuovo amico Buby.

Joshua se ne andò a letto, stanco e molto provato per l’ennesima avventura. Stavolta avrebbe potuto dormire tranquillo, giacché il problema degli alieni era stato risolto, ma il materasso semi distrutto non gli permetteva di addormentarsi. Si mise in contatto con Raptor che intanto si era rifugiato nel capanno.

<>, disse un po’ seccato all’amico.

<>, rispose lui.

<>

<> rispose il robot.

Il ragazzo restò un attimo a riflettere sull’ordine appena impartito, poi chiese all’amico:

<>

<>

<>

<>

<>

Il robot provò a muoversi, uscì dal capanno e si mise a guardare le stelle, poi si mise a correre e a saltare.

<> la sua voce tenebrosa risuonava nella testa del ragazzo che percepiva la felicità del robot.

<> domandò il giovane.

<>

<>

Raptor non aveva nessuna voglia di mettersi in modalità riposo, la sensazione di potersi muovere liberamente era troppo bella perché se ne restasse fermo. Cominciò a girare per il capanno osservando gli attrezzi del ragazzo, pensò che avrebbe potuto modificare il robot costruito dal suo amico e farlo diventare molto più efficiente.

A un tratto vide l’alieno dentro il terrario. Era lui, il Capo, lo aveva riconosciuto, la sua memoria fotografica non poteva sbagliarsi. Era stato lui a formare la fazione ribelle, a convincere gli altri della necessità di uccidere gli umani e a tentare di uccidere il suo amico Joshua.

Stava per colpirlo con un pugno quando si rese conto che il suo comandante non avrebbe acconsentito, restò quindi col braccio sollevato mentre l’alieno lo guardava impaurito e rassegnato.

<>, pensò mentre cercava di capire se fosse ancora sveglio.

<>

<>

<>

<>

<>

<>

<>

<>

<>

L’alieno aveva capito di aver rischiato molto e che per questa volta era andata bene, rimase seduto a meditare progettando la sua fuga e la sua vendetta.

L’indomani Joshua, approfittando della consueta assenza dei genitori, si fece consegnare, da un rivenditore nelle vicinanze, un materasso e un cuscino nuovo, immaginando una notte di meritato riposo. Fece riparare il tetto da alcuni operai e rimise ordine nel capanno cercando di renderlo il più ospitale possibile per il suo amico. Diede del cibo al piccolo alieno e raccomandò a Raptor di non farsi mai vedere in giro da solo, poi insieme si recarono a trovare Lucas e il suo nuovo giocattolo.

I genitori di Joshua intanto erano rientrati per il pranzo, la madre era andata in cucina a preparare qualcosa da mangiare mentre il padre si era recato al capanno per chiamare suo figlio. Vide che aveva messo tutto in ordine, riposto tutti gli attrezzi e liberato tantissimo spazio, vide Scorpion in piedi in un angolo coperto ormai dalla polvere, aveva capito che il figlio non c’era e decise di chiamarlo al telefono.

Joshua gli spiegò che aveva dovuto acquistare il robot di Lucas perché aveva subìto dei piccoli danni e che, con lui e con il nuovo robot regalatogli dal genitore, lo stavano riparando quindi sarebbe rientrato soltanto durante la serata.

Il padre, che non sospettava di nulla, gli raccomandò di rientrare per cena perché gli avevano preparato una sorpresa e volevano festeggiargli il compleanno, poi cominciò a frugare negli scaffali, prese il terrario e s’incamminò verso casa.

<>, disse alla moglie.

<> esclamò la donna nel vedere quell’essere verdastro.

<> domandò l’uomo.

<>

<>

L’alieno era rimasto a guardare gli umani senza capire quali fossero le loro intenzioni, sembravano pacifici, lo guardavano senza cattiveria, pensò persino che stessero per liberarlo quando vide aprire il coperchio di quella prigione, ma quando vide che invece stavano per mettere dentro altri due sgraditissimi ospiti, si rese conto che per lui era ormai arrivata la fine.

<> pensò terrorizzato.

Aveva sognato la vendetta, il dominio sulla Terra e la distruzione degli umani e invece stava per diventare il pasto di due stupidissimi serpenti.

<> gridò l'alieno nella sua incomprensibile lingua, mentre uno dei serpenti lo divorava vivo.

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